Ipercorrettismo in traduzione

In italiano per ipercorrettismo si intende la "tendenza a correggere forme o pronunce in realtà giuste" (Sabatini Coletti, edizione online sul Corriere della Sera).

Oggi mi è venuto in mente che anche i traduttori corrono il rischio di "ipercorreggere" forme di per sé corrette. Due sono le possibilità:



  • Un ipercorrettismo stilistico in cui il traduttore ritiene di avere (o ha) a che fare con un testo pessimo e ne migliora lo stile. Ho letto qualche volta i post di un traduttore che si vanta spesso di migliorare quello che traduce.

  • Un ipercorrettismo terminologico 
    • in cui rispetto all'originale diversifichiamo i termini per un mal guidato tentativo (di origine scolastica) di evitare le ripetizioni (tendenza alla variazione sinonimica);
    • o in cui accentuiamo alcuni aspetti che nell'originale, pur presenti, non erano così evidenti.
Faccio un esempio banale (è quello che mi ha dato l'idea del post). Nella intranet dell'ente per cui lavoro, ogni giorno selezioniamo un motto che diventa parte della testata.

La frase segnalata dal collega in italiano era "Ginger Rogers faceva tutto quello che faceva Fred Astaire, ma sui tacchi alti e all'indietro". La frase originale è

[Sure he was great, but don't forget that] Ginger Rogers did everything he did, backwards…and in high heels.

L'ipercorrettismo si è manifestato nel sostituire quei tacchi alti con tacchi a spillo (invece di limitarsi a invertire indietro e tacchi).
Poiché l'idea è quella che le donne siano capaci di fare quello tutto quello che fanno gli uomini e in condizioni più difficili, i tacchi alti, praticamente normali, sono diventati dei più difficili tacchi a spillo.

Commenti

Anonimo ha detto…
La tendenza a correggere o anche solo a esplicitare elementi del discorso in traduzione esiste senz'altro, ma penso che in genere sia un comportamento dettato dal desiderio (necessità?) di produrre un testo appetibile e dunque vendibile, accontentando così l'editor di turno.
Io sono convinta che sia opportuno tradurre anche lo stile, adattandolo al palato italiano, ma come ben sai non traduco narrativa e forse in quel caso le cose andrebbero diversamente (sto pensando a un bel libro di cui avevo fatto la scheda, che mi aveva colpito per la prosa "quasi orale", completamente spazzata via dalla traduttrice).
Le ripetizioni sinceramente a me quando leggo danno fastidio, a meno che l'intenzionalità non sia ovvia.
Per quanto riguarda "high heels", così di pancia penso si sia trattato di una svista involontaria più che di una scelta consapevole.

Ilaria