La traduzione giuridica
Interrompo i lunghi mesi di silenzio per parlare di una questione sui cui credo ci sia un dibattito mai chiuso: le traduzioni giuridiche.
Le scuole di pensiero sono diverse: c'è chi dice che si tratti di traduzione tecnica, sì specializzata, ma affrontabile da un qualsiasi traduttore esperto, chi pensa debba essere affrontata solo da giuristi.
Come sempre da queste parti la risposta è: dipende. Per favore non abbandonate l'aula in segno di protesta. :)
Una traduzione giuridica è prima di tutto una traduzione e quindi non è mai impossibile. I problemi sono legati, come sempre, a contesto e uso.
La prima cosa da chiarire con il committente (e quindi con se stessi) è l'uso della traduzione.
Un contratto è, e sarà sempre, legato alla normativa del paese di provenienza. Io, traduttore, non potrò mai creare un contratto che sia valido anche nel paese di destinazione. Non si può parlare, come nel caso della localizzazione, di adattamento. Non c'è adattamento che tenga.
Norme, forme scritte e modelli, riferimenti, tutto è diverso.
Per avere un contratto che non solo sia corretto linguisticamente ma sia "valido", non si usa un traduttore, si chiede a un avvocato di crearne uno ex-novo.
Prendiamo ad esempio la normativa sul diritto d'autore (che riguarda anche i traduttori). Nonostante essa sia, in ambito giuridico, una delle poche abbastanza simili a livello internazionale (grazie al WTO), i contratti legati al diritto d'autore, quale un contratto di edizione*, non saranno mai traducibili e validi allo stesso tempo.
Come comportarsi allora?
La prima cosa da fare è chiarire con il committente a cosa serve la traduzione. Se è semplicemente una informativa si procede e si ottiene appunto una traduzione di cortesia, che serve a far capire al firmatario di lingua italiana cosa sta accettando.
Se al contrario necessita di un contratto vero e proprio, suggerisco il ricorso a un avvocato specializzato.
(Non dovrebbe essere compito del traduttore spiegare il perché, ma non possiamo pensare che tutti siano esperti o abbiano precedenti esperienze.)
Perché l'avvocato? Perché...
Il copyright e il diritto d'autore, seppur simili, sono lontani dall'essere identici. Nella normativa italiana, per esempio, si trovano i diritti morali, inalienabili, quale per esempio il diritto alla paternità di un'opera. (Il diritto più calpestato fra i traduttori...) Un'idea simile non è presente nel diritto anglosassone.
Un contratto dall'inglese finirà per citare norme e aspetti giuridici/culturali inesistenti in lingua italiana. Basta pensare alla differenza fra common law e statutory law che, semplicemente, in italiano non esiste. Da noi tutta la norma è "di legge" (scritta), le sentenze non creano "consuetudine".
Non parliamo di royalties o copyright, il libel e la diffamazione sono cose diverse, come diversi sono i concetti che consideriamo diffamatori.
Un post non può certo affrontare un tema così complesso, ma spero di aver reso un'idea.
I contratti, dunque, possono essere tranquillamenti tradotti, a patto che l'uso sia solo informativo e che il traduttore sia specializzato in materia. In caso contrario difficilmente potrà rendere il linguaggio giuridico esatto, o meglio le "formule verbali" che lo compongono e che possono fare enorme differenza.
Mai affrontato una discussione su "entro" ed "entro e non oltre" con un giurista (o un impiegato della pubblica amministrazione)?
È un'esperienza "orrorifica" che consiglio a tutti (anche a coloro che non si occupano di comunicazione...)
Questo post nasce da una conversazione con Marion, che ringrazio del tempo messo a mia disposizione.
Un contratto di edizione, per esempio, è quello che lega un autore e il suo editore per la pubblicazione di una data opera. In teoria dovrebbe essere offerto anche ai traduttori in quanto autori. (Personalmente credo di averne visto al massimo uno, se la memoria non fa cilecca.)
Le scuole di pensiero sono diverse: c'è chi dice che si tratti di traduzione tecnica, sì specializzata, ma affrontabile da un qualsiasi traduttore esperto, chi pensa debba essere affrontata solo da giuristi.
Come sempre da queste parti la risposta è: dipende. Per favore non abbandonate l'aula in segno di protesta. :)
Una traduzione giuridica è prima di tutto una traduzione e quindi non è mai impossibile. I problemi sono legati, come sempre, a contesto e uso.
La prima cosa da chiarire con il committente (e quindi con se stessi) è l'uso della traduzione.
Un contratto è, e sarà sempre, legato alla normativa del paese di provenienza. Io, traduttore, non potrò mai creare un contratto che sia valido anche nel paese di destinazione. Non si può parlare, come nel caso della localizzazione, di adattamento. Non c'è adattamento che tenga.
Norme, forme scritte e modelli, riferimenti, tutto è diverso.
Per avere un contratto che non solo sia corretto linguisticamente ma sia "valido", non si usa un traduttore, si chiede a un avvocato di crearne uno ex-novo.
Prendiamo ad esempio la normativa sul diritto d'autore (che riguarda anche i traduttori). Nonostante essa sia, in ambito giuridico, una delle poche abbastanza simili a livello internazionale (grazie al WTO), i contratti legati al diritto d'autore, quale un contratto di edizione*, non saranno mai traducibili e validi allo stesso tempo.
Come comportarsi allora?
La prima cosa da fare è chiarire con il committente a cosa serve la traduzione. Se è semplicemente una informativa si procede e si ottiene appunto una traduzione di cortesia, che serve a far capire al firmatario di lingua italiana cosa sta accettando.
Se al contrario necessita di un contratto vero e proprio, suggerisco il ricorso a un avvocato specializzato.
(Non dovrebbe essere compito del traduttore spiegare il perché, ma non possiamo pensare che tutti siano esperti o abbiano precedenti esperienze.)
Perché l'avvocato? Perché...
Il copyright e il diritto d'autore, seppur simili, sono lontani dall'essere identici. Nella normativa italiana, per esempio, si trovano i diritti morali, inalienabili, quale per esempio il diritto alla paternità di un'opera. (Il diritto più calpestato fra i traduttori...) Un'idea simile non è presente nel diritto anglosassone.
Un contratto dall'inglese finirà per citare norme e aspetti giuridici/culturali inesistenti in lingua italiana. Basta pensare alla differenza fra common law e statutory law che, semplicemente, in italiano non esiste. Da noi tutta la norma è "di legge" (scritta), le sentenze non creano "consuetudine".
Non parliamo di royalties o copyright, il libel e la diffamazione sono cose diverse, come diversi sono i concetti che consideriamo diffamatori.
Un post non può certo affrontare un tema così complesso, ma spero di aver reso un'idea.
I contratti, dunque, possono essere tranquillamenti tradotti, a patto che l'uso sia solo informativo e che il traduttore sia specializzato in materia. In caso contrario difficilmente potrà rendere il linguaggio giuridico esatto, o meglio le "formule verbali" che lo compongono e che possono fare enorme differenza.
Mai affrontato una discussione su "entro" ed "entro e non oltre" con un giurista (o un impiegato della pubblica amministrazione)?
È un'esperienza "orrorifica" che consiglio a tutti (anche a coloro che non si occupano di comunicazione...)
Questo post nasce da una conversazione con Marion, che ringrazio del tempo messo a mia disposizione.
Un contratto di edizione, per esempio, è quello che lega un autore e il suo editore per la pubblicazione di una data opera. In teoria dovrebbe essere offerto anche ai traduttori in quanto autori. (Personalmente credo di averne visto al massimo uno, se la memoria non fa cilecca.)
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