Esistono lavori facili?
Vista la richiesta esplicita di risposta a un commento del post precedente, lascio i miei due cents.
Partiamo dalla prima domanda.
Ho già notato altre volte la tendenza nel suo modo di esprimersi a essere molto (troppo?:-) netto. Non esistono, nella realtà, lame così affilate. Perché la lingua è sfumatura. Anche in un sfogo molto banale come il mio, sotto c'è molto di più di ciò che appare.
Personalmente quando parlo di lavoro facile, non intendo che l'argomento è mio e quindi sarà un gioco da ragazzi. Questo genere di semplicità potrà essere vera in altri campi (forse anche la traduzione tecnica, in parte) ma in genere è pericolosa in ambito letterario. La difficoltà non è solo terminologica, ma di stile, di ambientazione ecc ecc.
Questo in generale. Nello specifico, non intendevo, come sembra sottintendere Luigi con il suo commento, che il lavoro sarà difficile perché *non è il mio campo/non ne so niente/ecc*.
Se vi interessa trovo questa traduzione rognosa perché è scritta da madrelingua tedeschi (non linguisti) e purtroppo si vede. Non si comprende quello che vogliono dire, le stesse cose vengono chiamate in modo diverso (poi c'è il problema che alcune pagine non sono nell'indice e ti accorgi di loro solo per caso ecc ecc :-).
Il fatto che il software sia stato parzialmente tradotto, implica che devo controllare voce per voce (e pazienza) ma anche la presenza di errori a volte grossolani che impediscono la comprensione del testo (se non si ha il programma davanti). Per esempio, indicando lo stato di un messaggio di posta elettronica, read invece che "letto" e stato reso con "leggi"...
Credo di aver reso l'idea :)
La seconda domanda è certo molto interessante ma anche qui è fondamentale sfumare. :-D
In un testo letterario credo che il traduttore non debba permettersi assolutamente di migliorare niente. Il testo non è suo, punto. Un traduttore è solo Caronte (e qui non si tratta di mala, non è necessario urlare "Al lupo! Al lupo! e chiamare i gendarmi della scrittura).
In un testo come questo il discorso si complica. E qui mi sto impantanando. Vince il comunicatore o il traduttore?
Se fosse un lavoro di un committente, lo chiamerei, gli spiegherei la situazione e aspetterei di sapere cosa vuole fare. Qui, in un certo senso, sono io stessa il committente e so che questa è una traduzione di servizio. Il mio utente sarà un collega cui devo permettere di capire come funziona un software...
Per cui rispettare il testo a tutti i costi mi sembra impossibile.
Partiamo dalla prima domanda.
Esistono lavori facili?Si e no. Quello che dice Luigi è corretto ma non è tutto.
Ho già notato altre volte la tendenza nel suo modo di esprimersi a essere molto (troppo?:-) netto. Non esistono, nella realtà, lame così affilate. Perché la lingua è sfumatura. Anche in un sfogo molto banale come il mio, sotto c'è molto di più di ciò che appare.
Personalmente quando parlo di lavoro facile, non intendo che l'argomento è mio e quindi sarà un gioco da ragazzi. Questo genere di semplicità potrà essere vera in altri campi (forse anche la traduzione tecnica, in parte) ma in genere è pericolosa in ambito letterario. La difficoltà non è solo terminologica, ma di stile, di ambientazione ecc ecc.
Questo in generale. Nello specifico, non intendevo, come sembra sottintendere Luigi con il suo commento, che il lavoro sarà difficile perché *non è il mio campo/non ne so niente/ecc*.
Se vi interessa trovo questa traduzione rognosa perché è scritta da madrelingua tedeschi (non linguisti) e purtroppo si vede. Non si comprende quello che vogliono dire, le stesse cose vengono chiamate in modo diverso (poi c'è il problema che alcune pagine non sono nell'indice e ti accorgi di loro solo per caso ecc ecc :-).
Il fatto che il software sia stato parzialmente tradotto, implica che devo controllare voce per voce (e pazienza) ma anche la presenza di errori a volte grossolani che impediscono la comprensione del testo (se non si ha il programma davanti). Per esempio, indicando lo stato di un messaggio di posta elettronica, read invece che "letto" e stato reso con "leggi"...
Credo di aver reso l'idea :)
Un testo mal fatto, mal scritto, mal organizzato, sciatto ecc. va seguito o riscritto?
La seconda domanda è certo molto interessante ma anche qui è fondamentale sfumare. :-D
In un testo letterario credo che il traduttore non debba permettersi assolutamente di migliorare niente. Il testo non è suo, punto. Un traduttore è solo Caronte (e qui non si tratta di mala, non è necessario urlare "Al lupo! Al lupo! e chiamare i gendarmi della scrittura).
In un testo come questo il discorso si complica. E qui mi sto impantanando. Vince il comunicatore o il traduttore?
Se fosse un lavoro di un committente, lo chiamerei, gli spiegherei la situazione e aspetterei di sapere cosa vuole fare. Qui, in un certo senso, sono io stessa il committente e so che questa è una traduzione di servizio. Il mio utente sarà un collega cui devo permettere di capire come funziona un software...
Per cui rispettare il testo a tutti i costi mi sembra impossibile.
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