APS o anche Vanity Publishing

Ne ero venuta a conoscenza, diversi anni fa, grazie a Umberto Eco. Di fatto, però, era un mondo oscuro, quasi vampiresco.

Si, ne immaginavo il fascino, potevo forse anche comprendere le motivazioni che spingono a pubblicare così ma, come tutte le cose poco note, la mia idea sugli APS era molto vaga. Sai che qualcuno ci crede seriamente, altri meno, altri li disprezzano.

Ultimamente mi sono scontrata duramente con la realtà del vanity pubblishing. Ne viene fuori un mercato (nel senso peggiore del termine) abbastanza orribile.

Finte case editrici che ti vendono solamente la carta e l'ISBN (il vero valore) e assolutamente niente altro. Capitolo dopo capitolo di orrori linguistici e grafici, nessun editing, nessuna impaginazione, nessuna revisione. Ma neanche nessuna banale correzione di bozze (sempre che la correzione di bozze possa essere banale....). Mi chiedo perché pagare per avere un prodotto così scadente. A questo punto versa un obolo in più!

Immagino, tuttavia, che se ti interessa solo avere un titolo nel curriculum, alla fine non è importante la qualità del lavoro.

Ieri mi hanno detto che persino la casa Einaudi pubblica a pagamento. Spero solo non sia vero.

Commenti

Anonimo ha detto…
Io, se potessi, combatterei una crociata contro l'editoria a pagamento (o a spese dell'autore). Già è difficile, in Italia, vendere libri fatti e spinti (almeno via stampa e presentazioni e blablabla) bene. Le motivazioni le ignoro. E poi, sarà, ma se fossi un editore "serio" e si presentasse da me Pinco Pallino, con un libro pubblicato a sue spese sul CV, beh, diciamo che più che aiutarlo, la cosa gli si rivolterebbe contro, nel senso che non lo prenderei troppo sul serio, magari a costo di farmi abbagliare dal pregiudizio.

(Anche se compari raramente, è sempre molto piacevole leggerti)